L'unità d'Italia

  • Un cauto riformismo

    Un cauto riformismo
    A seguito dei fallimenti dei moti del '48, tutti i sovrani italiani ritirarono le costituzioni ottriate, ad eccezione di Vittorio Emanuele II. Egli lasciò in vigore lo Statuto Albertino, affidò il governo ad un riformista (D'Azeglio) e limitò notevolmente i tradizionali privilegi della Chiesa. La legge Siccardi nel '50 infatti abrogò il diritto di asilo per chiese e conventi ed il foro ecclesiastico per il clero macchiato di reati comuni.
  • Cavour e la Società Nazionale Italiana

    Cavour e la Società Nazionale Italiana
    Geniale statista, CAVOUR sognava per l'Italia un destino di grande nazione. Liberale, guardava al modello inglese e rifiutava l'ingerenza della Chiesa ("Libera Chiesa in libero Stato"); liberista, credeva nello sviluppo offerto dalla rivoluzione industriale (abbassò i dazi doganali, migliorò le infrastrutture, ammodernò l'agricoltura). Il Piemonte divenne la regione più evoluta d'Italia. Nel '57 nacque la Società nazionale italiana con lo scopo di fare l'Italia unita sotto i Savoia.
  • Rivoluzione istituzionale parlamentare

    Nel '52 al governo passò a Cavour. Questo nobile cosmopolita s'era dedicato per anni ad ammodernare le tenute di famiglia ma aveva presto scoperto il suo genio politico. Eletto deputato nel '48, aveva stretto un'alleanza, lui di centro-destra, col centro-sinistra di Rattazzi. Questo "connubio" fece nascere un centro talmente forte che, contrariamente a quanto prevedeva lo Statuto Albertino, fu il Parlamento ad imporre di fatto al re il suo candidato (Cavour) alla guida del paese.
  • Guerra di Crimea

    Guerra di Crimea
    Cavour decise di intervenire in Crimea a fianco di Francia e Inghilterra, in difesa della Turchia contro le mire espansionistiche russe. La guerra fu vinta e Cavour sfruttò il Congresso di pace a Parigi nel '56 per chiedere non nuovi territori ma un'attenzione europea sulla necessità di un'Italia unita ed indipendente dall'Austria, per scongiurare il pericolo una rivoluzione democratica e repubblicana che da lì contagiasse l'intera Europa.
  • Fallimenti delle insurrezioni democratiche

    Fallimenti delle insurrezioni democratiche
    Frattanto fallivano tutte le iniziative insurrezionali democratiche: quella di Mazzini a Milano nel '53 e, più ancora, quella di Pisacane al Sud (liberati alcuni detenuti a Ponza, sbarcò a Sapri, ma gli stessi contadini si allearono coi Borboni ed egli si suicidò). Garibaldi stesso ruppe con Mazzini per aderire alla Società Nazionale Italiana. L'opinione pubblica si convinse che la linea conservatrice, moderata e filosabauda di Cavour fosse l'unica strada all'unità ed alla indipendenza.
  • Plombiers e l'arte della diplomazia segreta

    Plombiers e l'arte della diplomazia segreta
    Napoleone III sopravvive a un attentato da parte di un rivoluzionario italiano, Orsini. Cavour sfruttò l'episodio agitando lo spauracchio del pericolo rivoluzionario. Convinse la Francia a sostenere il Regno in caso di attacco austriaco (in cambio Nizza e la Savoia) in modo da fare dell'Italia una realtà federale con i Savoia al nord, dinastie francesi al centro e al sud ed il papa nel Lazio nel ruolo di presidente onorario della confederazione. Cavour voleva estromettere l'Austria dal paese.
  • Seconda guerra di indipendenza

    Seconda guerra di indipendenza
    Per provocare l'Austria (Plombiers era un accordo difensivo) Cavour schierò l'esercito ai confini della Lombardia. L'Austria abboccò (era un accordo segreto) e dichiarò guerra ai Savoia. La Francia dovette intervenire e l'Austria subì pesanti sconfitte. Quando Toscana e Emilia insorsero chiedendo l'annessione alla Sardegna, la Francia firmò con l'Austria un armistizio a Villafranca. I Savoia le cedettero Savoia e Nizza ma ottennero Lombardia, Toscana e Emilia (il Veneto restava asburgico).
  • La spedizione dei Mille

    La spedizione dei Mille
    Crispi, Pilo (due mazziniani) e Garibaldi (con l'appoggio del re ma non di Cavour che temeva di irritare Francia e Inghilterra) sbarcarono a Marsala con mille volontari con l'obiettivo di sfilare il Sud ai Borboni ed annetterlo al Regno di Sardegna. Garibaldi tradì la simpatia e la voglia di riscatto sociale dei contadini (Bixio eseguì il massacro dei contadini di Bronte, che chiedevano la redistribuzione delle terre) per allearsi con la classe dirigente latifondista antiborbonica.
  • L'intervento di Cavour

    L'intervento di Cavour
    Davanti agli incredibili successi militari (i volontari erano mille, l'esercito borbonico aveva centomila uomini, seppur mal guidati) Cavour decise di intervenire con l'obiettivo di: evitare il pericolo repubblicano, frenare l'avanzata di Garibaldi a Roma (per evitare l'intervento francese), annettere territori borbonici e pontifici. Nello storico incontro di Teano Garibaldi fu costretto a consegnare quanto conquistato a Vittorio Emanuele II e si ritirò a Caprera, in Sardegna.
  • Regno d'Italia

    Regno d'Italia
    Vittorio Emanuele II (avrebbe potuto rinominarsi Vittorio Emanuele I, ma volle sottolineare lo spirito di continuità e l'atteggiamento di conquista) venne dichiarato dal Parlamento piemontese "re d'Italia per grazia di Dio e volontà della Nazione" (non del popolo...). L'Italia era unita, pur nel fallimento del progetto democratico mazziniano e garibaldino. Poco dopo moriva Cavour.
  • Destra storica

    Destra storica
    Morto Cavour, RICASOLI guidò il governo e il partito di maggioranza, la Destra storica (partito di notabili liberali monarchici espressione della aristocrazia terriera contrapposti a liberali democratici espressione della borghesia cittadina). Si decise di fare dell'Italia uno stato fortemente accentrato (diviso in province con a capo prefetti e città con a capo sindaci di nomina governativa) e piemontizzato con una ristrettissima base elettorale (votava il 2% della popolazione).
  • Sella e il pareggio di bilancio

    Sella e il pareggio di bilancio
    L'Italia era un paese povero, arretrato, analfabeta (specie al Sud), fortemente indebitato (specie dopo l'annessione al Regno di Sardegna). In qualità di ministro delle finanze, Sella adottò misure libero-scambiste e puntò al pareggio di bilancio. I mezzi utilizzati (aste di beni ecclesiastici e e demaniali, forte pressione fiscale, specie indiretta) valsero allo scopo ma ebbero alto costo umano ed aumentarono la sperequazione geografica e sociale.
  • Il grande brigantaggio

    Il grande brigantaggio
    Al Sud (l'area più colpita dalle riforme) esplose la protesta. Bande di briganti (oltre 80.000), sostenute dalla popolazione, dai Borbone in esilio e dalla Chiesa, si opposero con la guerriglia al nuovo stato, sentito estraneo ed oppressivo (aveva imposto lingua, moneta, tasse inique e leva obbligatoria, aveva colpito le esportazioni e lesinato sulle commesse statali...). Il governo affrontò militarmente il fenomeno (legge Pica) senza andare alle radici del problema. Le mafie nacquero così.
  • Firenze capitale

    Firenze capitale
    All'unità mancava il Veneto, il Trentino, il Friuli-Venezia Giulia, il Lazio ma, soprattutto, Roma. Il principale ostacolo era, in tal senso, l'appoggio di Napoleone III al papa. Garibaldi, contro il parere del governo timoroso di un intervento francese, tentò l'annessione di Roma nel '62 ma fu sconfitto dall'esercito regio sull'Aspromonte ed arrestato. Con la Convenzione di Settembre ('64) l'Italia rinunciò al progetto e trasferì simbolicamente la capitale da Torino a Firenze.
  • Terza guerra di indipendenza

    Terza guerra di indipendenza
    Il progetto annessionista riprese quando la Prussia propose all'Italia un'alleanza contro l'Austria. L'Italia, pur sconfitta militarmente (A Custoza e Lissa), in virtù delle vittorie prussiane ottenne il Veneto, senza Trentino e Venezia-Giulia (nonostante, paradossalmente, proprio a Bezzeca Garibaldi avesse riportato le uniche vittorie). L'anno successivo Garibaldi tentò nuovamente la presa di Roma ma fu sconfitto dall'esercito bonapartista e condotto a Caprera.
  • Roma

    Roma
    Tutto cambiò nel '70, quando la Prussia attaccò e sconfisse la Francia a Sedan. Roma, non più protetta, fu presa dal generale Cadorna con la breccia di Porta Pia ed il Lazio divenne italiano. Il papa rifiutò la "legge delle guarentigie" che gli riconosceva un indennizzo economico, una limitata sovranità territoriale (Vaticano, Laterano e Castelgandolfo) e totale libertà di magistero. Nel '74 emise il "non exedit", vietando così ai cattolici di partecipare alla vita politica del nuovo Stato.
  • Sinistra storica

    Sinistra storica
    L'anno in cui fu raggiunse il suo principale obiettivo, il pareggio di bilancio, la Destra storica perse le elezioni. Troppi i sacrifici che il liberismo aveva chiesto al Sud ed alla debole industria italiana schiacciata dalla concorrenza estera. La sinistra di DEPRETIS, benché avesse attenuato la sua carica democratica, si concentrò sul seguente programma: lotta all'analfabetismo, abolizione della tassa sul macinato, decentramento amministrativo, estensione del suffragio elettorale.
  • Riforme e trasformismo

    Riforme e trasformismo
    Quegli obiettivi furono presto raggiunti. La legge Coppino riprese la Casati ed estese l'obbligo scolastico a 9 anni, la tassa sul macinato fu ridotta e infine abolita, i votanti (tutti uomini) salirono al 7% della popolazione. Nell''82, forse spaventata dall'ingresso del primo socialista in parlamento, la Sinistra al potere si alleò alla Destra di Minghetti dando vita ad un nuovo grande centro ed alla stagione del "trasformismo", un misto di particolarismo, clientelarismo e corruzione.
  • L'Italia e gli italiani

    L'Italia e gli italiani
    S'era fatta l'Italia ma non gli italiani. L'unità era il frutto di manovre "dall'alto", sostenute "dal basso" da sparute minoranze. La gran massa dei contadini, specie se cattolici, era indifferente se non ostile al nuovo stato, come i primi nuclei di operai socialisti. Spettò alla scuola (in mano a donne sottopagate), alla leva obbligatoria, all'urbanistica ed alla toponomastica il compito di costruire un'identità nazionale mai esistita sulla base degli ideali risorgimentali.
  • Crisi economica

    Crisi economica
    La prima crisi di sovrapproduzione dell'economia mondiale si ripercosse anche in Italia. Nonostante nuclei di nascente industria (Pirelli, Terni, Brera) e miglioramenti delle tecniche agricole, crollarono i prezzi dei cereali. Industriali e latifondisti si allearono e chiesero un cambio di rotta protezionistico in economia. Ciononostante la crisi fu nera e, nell'arco di alcuni decenni, milioni di persone scelsero la via dell'emigrazione (verso Francia, Germania e, soprattutto, America).
  • Triplice alleanza

    Triplice alleanza
    L'aggressione della Francia alla Tunisia, sui cui l'Italia stessa aveva mire colonialiste, allontanò l'Italia dalla Francia e dette vita all'"innaturale" alleanza con Prussia e Austria. Nacque l'irredentismo come protesta alla rinuncia alla "quarta guerra d'indipendenza" ovvero all'annessione del Trentino e del Friuli-Venezia Giulia. Ma l'Italia incassò ingenti capitali tedeschi utili ai nascenti sistemi industriali e finanziari nonché l'appoggio al progetto coloniale.
  • L'impresa coloniale

    L'impresa coloniale
    Ebbe comunque inizio l'impresa coloniale italiana. Già nell''82 la compagnia privata Rubattino aveva acquistato uno stretto territorio della baia di Assab, nevralgica a seguito del completamento del canale di Suez nel '69. Di lì nell'85 truppe italiane mossero alla conquista di di Massaua. Minacciata, l'Etiopia reagì sconfiggendo pesantemente gli italiani a Dogali nell''87.
  • Lo "Stato forte" di Crispi

    Lo "Stato forte" di Crispi
    Meridionale, ex mazziniano (aveva partecipato all'impresa dei Mille) convertitosi alla causa monarchica, CRISPI impresse una svolta autoritaria (maggior potere a prefetti e polizia, minor potere ai sindacati (leggi di pubblica sicurezza), concentrazione delle principali cariche governative) nonostante alcune misure progressiste (allargamento del suffragio, diritto di elezione dei principali sindaci, abolizione della pena di morte e riconoscimento del diritto di sciopero (codice Zanardelli))
  • Aggressività della politica estera

    Aggressività della politica estera
    Ammiratore di Bismarck e della Triplice Alleanza, intavolò una politica antifrancese, anche in campo economico (la guerra doganale con la Francia danneggiò gravemente le esportazioni italiane, specie del Sud) e rilanciò l'impresa coloniale (il trattato di Ucciali siglato nell'89 col negus etiope riconosceva all'Italia possedimenti in Eritrea ed il protettorato su Somalia e Etiopia). Perplessità sulla politica estera e malcontento per la politica economica lo condussero nel '91 alle dimissioni.
  • Primo governo Giolitti

    Primo governo Giolitti
    GIOLITTI divenne primo ministro (dopo il breve interludio di Rudinì) ma fu giudicato debole per non aver represso nel sangue i Fasci siciliani (rivolta non rivoluzionaria, ma antilatifondista, di minatori, artigiani e contadini siciliani) e corrotto per aver coperto lo scandalo della Banca Romana (che aveva stampato lira oltre i limiti di legge per finanziare la campagna elettorale di alcuni politici). Fu costretto alle dimissioni nel '93.
  • Ritorno ed epilogo del Crispi

    Ritorno ed epilogo del Crispi
    L'uomo forte tornò brevemente al potere: represse nel sangue i Fasci siciliani (fece intervenire un esercito di 50.000 uomini) ed attaccò l'Etiopia nel tentativo di costringerla al rispetto del Trattato di Uccialli. La pesante sconfitta subita dalle truppe italiane ad Adua nel '96 pose fine alla sua carriera politica.
  • Il secondo governo Rudinì

    Il secondo governo Rudinì
    Il nuovo governo Rudinì rinunciò alla presa sull'Etiopia (ma non su Somalia ed Eritrea) e fronteggiò in maniera autoritaria il crescente conflitto sociale dovuto alla durissima crisi economica (il 6 maggio del '98 Bava Beccaris spara sulla folla a Milano. Furono molti i morti, gli arresti (persino di Turati, capo del PSI), le perquisizioni e le limitazioni alla libertà di stampa.
  • Dal governo Pelloux al regicidio

    Dal governo Pelloux al regicidio
    Nello stesso solco si mosse il governo Pelloux, suscitando l'ostruzionismo delle sinistre che, con nuove elezioni, entarono più consistentemente in Parlamento. Un mese dopo l'anarchico "americano" Bresci uccise Umberto I per vendicare i fatti di Milano. Agì solo? Sappiamo solo che si suicidò poco dopo in circostanze poco chiare...La monarchia guadagnò consenso, l'anarchia fu sconfessata anche dai socialisti e Vittorio Emanuele III affidò a Zanardelli, con Giolitti agli Interni, il nuovo governo.